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18° CORSO A.C.S. "Bligny" 1968 SPOLETO

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----Spoleto, vista panoramica della Rocca e caserma Garibaldi

09/01/1968 – dal ricordo di Rizzo Giuseppe  5^ compagnia 1° plotone 1^ squadra

Lascio la mia bella Sicilia, dalla stazione di Taormina-Giardini Naxos, con la cartolina in mano e con destinazione la Scuola ACS di Spoleto. Lascio anche un tiempido sole, con un semplice impermeabile e un paio di scarpe basse da passeggio.  
Sulla cartolina c’è scritto: Presentarsi presso la Caserma Garibaldi di Spoleto entro le ore 19,00 di mercoledì 10 gennaio.
Fino a Roma il viaggio è stato piacevole, in compagnia di una famiglia di Siracusa e di una signora tedesca che viveva da anni in Sicilia. Ad Orte si doveva cambiare treno e già in Stazione presagivo che il bel tempo lasciato in Sicilia sarebbe stato un ricordo. Più si saliva verso Spoleto e più nevicava. Arrivo nella Stazione della cittadina Umbra alle 09,00 del mattino e appena sceso dal treno vengo letteralmente sequestrato da un Sergente e due Caporal Maggiore che mi conducono a ripararmi dalla neve, che fiocca copiosa, sul cassone di un camion, coperto da un telo. In quel momento ho realizzato che l’abbigliamento scelto per il viaggio è del tutto insufficiente. Le mie scarpette affondano nella neve che mi arriva a metà polpaccio.
Appollaiati nell’interno del cassone ci sono già due commilitoni, siamo rimasti per un paio d’ore in attesa che arrivassero altre reclute, che venivano chiamate “spine”. Intirizzito dal freddo e zuppo di umidità arrivo in Caserma intorno a mezzogiorno.
Esplicate le formalità burocratiche di ingresso e sistemato in 5^ compagnia, 1° plotone, 1^ squadra, terzo letto a sinistra della camerata che ho condiviso a castello con Franco Martinelli di Bientina (PI), mi sono reso conto di essere arrivato sesto in caserma (come in una corsa ciclistica). Ho capito poi che gli arrivi erano stati spalmati in 5 giorni e così si riempivano le Compagnie.
Il CMACS Paolo Rapanelli, mio comandante di squadra, ci  ha accolto con fare burbero (ma tutti abbiamo intuito che non aveva la stoffa per voler sembrare un cattivo) e condotti alla mensa.  Si doveva attraversare il piazzale di corsa, la neve era alta una trentina di cm. e le mie scarpe zuppe e inutili, non aggevolavano l’andatura spedita.
L’impatto con i vassoi della mensa (d’acciaio a scomparti) è stato traumatico. Erano usciti dalle lavastoviglie dopo la cena della sera prima, con qualche traccia di quel cibo. Il capo squadra ci ha consigliato di passare per i lavatoi e dare una sciacquata. Poi in fila per il rancio, che era freddo e poco invitante. Tanto sugo, un leggero sapore amarognolo per la pasta, tanto grasso e gusto indefinibile per il secondo. Ci fu subito chiaro che non eravamo nelle cucine del Grand Hotel, ma nemmeno nell’Osteria del mio paese (dove comunque si mangiava bene).
Rientrati, sempre di corsa, in camerata, in attesa che ci conducessero alla vestizione, che avvenne il giorno dopo) venimmo spediti in malo modo nel piazzale, dove la courvè del giorni ci consegnava dei badili e ci invitava, con molto sadismo, a spalare la neve. Provvidenziale è stato l’arrivo del Ten. Carlo Cordopatri che comandava il plotone e che ci ordinò di rientrare in camerata e provare ad asciugarsi e cercare un po’ di tepore. Le camerate erano gelide, senza l’ombra di riscaldamento e con qualche vetro rotto
L’unico desiderio che avevamo tutti, era quello che suonasse il silenzio, per potersi infilare in branda con più coperte possibile per scaldarci un po’. Ricordo che durante la notte, alcuni di noi andammo a prelevare le coperte già sistemate sui letti di coloro che dovevano ancora arrivare.
Ecco, questo che ho raccontato, è stato il mio primo impatto con la vita di Naja. Tutt’altro che incoraggiante!   ( ACS Rizzo Giuseppe )

03/06/1968 - Dal ricordo di Rizzo Giuseppe 5^ compagnia

– CAMPO DI FINE CORSO A COLFIORITO DI FOLIGNO
La sveglia la mattina è una rottura di cogliò (così si canticchiava sul motivetto della tromba). Quella mattina si partiva in carovana, sui camion CL e CM dell’autocentro, che si trovava sulla Via Flaminia, alla volta di Colfiorito di Foligno. La trasferta era stata lenta ma agevole. La strada, lasciata Foligno, si inerpicava verso l’appennino alla volta del passo che conduceva nelle Marche.
Ad attenderci all’arrivo c’era un pasto da consumarsi in gavetta (rigatoni al sugo e spezzatino di bovino, si spera). Le gavette si lavavano nel ruscello che lambiva il campo e il detersivo era la sabbia che raschiavamo dal fondo del torrentello.
Il “villaggio” era un vecchio campo di concentramento dell’ultima guerra, con baracche lunghe e basse, all’interno erano sistemate vecchie brande e i materassi li abbiamo confezionati riempiendo dei sacchi di tela con le balle di paglia che i contadini avevano portato nel piazzale dell’alzabandiera.
Sistemato il campo, era già ora di cena e quindi  dell’attesa che suonasse il silenzio. I lavori proseguirono fino a tardi, ma alla fine, una volta in branda non avemmo alcun problema a prendere sonno.
I giorni passavano con esercitazioni mattutine, pomeridiane o notturne, lungo la scoscesa della Montagna Parapalle dove si effettuavano gli assalti a fuoco (a salve ovviamente).
In tutto il paese c’era una sola bottega alimentare  e in libera uscita si lottava per un paninozzo con il capicollo che ci preparava Giovanna Ricci, la figlia del bottegaio. Una bellissima ragazza che in molti abbiamo cercato di ammaliare per una fetta in più di salame.
Alcune esercitazioni si svolsero di notte e la “sfortuna” volle che il giorno 7 giugno, mi venisse una congiuntivite bioculare, tanto da convincermi a marcare visita il giorno dopo (l’unica di tutta la mia naja).
Quel giorno dopo, i marcanti visita non vennero ricoverati in infermeria, ma comandati di piantone alla baracche, mentre il resto delle compagnie erano in esercitazione notturna. Quella sera dell’8 giugno (sulla montagna quella notte aveva nevicato), l’Italia intera era incollata davanti ai pochi televisori esistenti all’epoca. C’era la finale del Campionato Europeo di Calcio fra Italia e Yugoslavia che finì 1-1 e la partita venne ripetura il 10 giugno alle ore 21,00. Per la cronaca l’Italia vinse il suo unico campionato europeo per 2-0, gol di Gigi Riva e Pietro Anastasi, in porta giocava Zoff.
Quella notte le Compagnie erano ancora fuori per l’assalto finale. L’indomani si sarebbe ripartiti per Spoleto. Io ancora di piantone alla baracca, all’ora della partita, confidando nell’oscurità e nella rete fatiscente che circondava il campo, in barba ai regolamenti, alle guardie e alle consegne, abbandonavo l’arma in camerata, nascosta sotto al materasso e mi recavo, con disinvoltura verso il vicino alberghetto dove alloggiavano gli ufficiali, per guardare la partita nell’unico televisore pubblico del paese. La sala era affollatissima. In prima fila c’era il Ten.Col. Prestìa, comandate del Battaglione e il Cap. Carabellese, comandante la mia compagnia. Presi dalla concitazione della gara, non si voltarono mai indietro e io mimetizzato tra il pubblico, mi godetti la Finalissima e il trionfo della Nazionale, aggravando la mia congiuntivite, tanto che all’indomani il medico mi bendava entrambi gli occhi.
Rientrai comodamente in baracca e ripresi il mio posto con il Garand a tracolla a passeggiare su e giù con grande soddisfazione ed incurante del fastidio oculare.
Roba da Corte Marziale!  Scoperto mi sarei giuocato l’ammissione ai Paracadutisti e il piazzamento nel 1° decimo del Battaglione che permetteva la scelta della destinazione.     (ACS Rizzo Giuseppe)



11/01/1968 - (Dal ricordo di Sillo Silvano)
"L'undici gennaio o giorno del ricordo, sei del mattino con dieci centimetri di neve, si parte da Monselice,(prima volta che salivo su un treno nazionale), dopo un po' arriva il controllore consegno la cartolina, e mi sento dire vuoi anche il moreto, ero salito in prima classe.
Dopo la "bella " figura con altri viaggiatori, mi sposto in seconda, da solo, per fortuna dopo pochi km. salivano altre reclute. Ricordo Cagnin Felice salito a Padova e Secchi salito a fine viaggio. Ricordo Secchi per il suo  bel accento toscano???? (milanese).Così arriviamo a Spoleto dopo il cambio a Orte sempre accompagnato dai soliti 10 cm. di neve, il seguito lo sappiamo tutti queli del 18° corso......
e sono passati 44 anni da oggi 11/01/2012....)

14/01/1968 - (Dal ricordo di Cicconi Silvio).
"Io parto il quattordi gennaio sera di Domenica, perche avvisato dai carabinieri solo  il giorno prima, corsa al distretto di Firenze, dove conosco Moroni ed altri ex-allievi toscani,  a ritirare la cartolina, con l'obbligo di presentarmi subito alla Scuola ACS di Spoleto.Viaggio tutta la notte, nevica a tutto andare, c'è tanta neve, mi ritrovo in vagone insieme ai giocatori del  Perugia, allora in serie B allenata dal navigato Mazzetti, rimasti bloccati col pulman che li riportava a casa dopo una trasferta a Venezia. Cambio a Terontola e poi fino a Spoleto arrivo ore 7 del mattino.

15/01/1968. "Arrivammo alla stazione di Spoleto il mattino presto, con un freddo cane e tanta neve, c’era una ronda ad aspettarci, ma, io riuscii a scansarla mescolandomi tra gli studenti, avrei voluto fare un giro per la cittadina prima,  ma la caserma apparve subito dopo e fui quasi costretto e rassegnato  ad entrare tra le urla di  chi correva , chi marciava, tanti goffi in divisa, molti ancora in borghese smarriti e assonnati, mentre arrivavano le tragiche notizie del terremoto nel Belice in Sicilia.
L'allievo Secchi arrivato da Milano,  davanti al cancello della caserma non ebbe  il coraggio di entrare,per ben due volte, rifacendo la strada di ritorno a casa, la terza finalmente fù accompagnato dal padre che lo consegnò all'ufficiale di picchetto."

“PERDETE OGNI SPERANZA A VOI CHE ENTRATE”  " Non c’era scritto all’ingresso  della caserma, ma poi ci accorgemmo che era scritto nei fatti. La vera speranza era il congedo che sarebbe arrivato dopo circa 15 mesi il 3 Aprile 1969.-

“Ci  consegnano  le lenzuola, sono umidissime, bagnate , di canapa ruvida, pensai come avrei fatto  a dormire in quella branda su in alto e poi all’armadietto a mettere a posto le mie cose, pensando con angoscia ai lunghissimi  interminabili 15 mesi. Ci danno anche il gavettino di alluminio, per bere,  l'ho sempre tenuto pulito e lustro come il primo giorno, visto che doveva contenere dall'acqua al cioccolato e latte,  al vino“

"Mi danno la divisa, per fortuna quasi della mia misura, ma, mi sento impacciato quasi senza accorgermi di entrare in camerata con su il berretto a visiera , che era proibito ed infatti vengo subito redarguito ad alta voce "ce lo vogliamo togliere quel berretto o no!!!" mi grida dietro il C.M. Negrini, compiacendosi con i suoi colleghi."

"Assurdo sembra tutto assurdo, ma per fortuna la prendo come un gioco, aiutato dalle amicizie che via via metto su,,  tutto mi sembra un divertimento, nonostante nei primi giorni gli urlacci  del  C.M. Tomanin, un ragazzone  veneto , giocatore di rugby, con vocione da basso/baritono, che, pretendeva di sentire il tuono, rivelatosi poi  trattabile e amichevole, in fondo era uno di noi.  Marce, reazione fisica, che fatica! che vesciche ai piedi!, sempre di corsa i primi giorni, furono da cani, sempre comandi dati all'improvviso, marce, servizi, guardie, pulizie, ramazza, di corsa, di corsa, ".


Così scriveva Traverso Riccardo alla sua ragazza, poi moglie Alessandra, sul retro di una foto che lo ritrae con una pala vicino ad un suo commilitone:
“Qui sto forse chiedendomi se la guerra si fa coi fucili o con le pale! Siamo a Colle S. Tommaso, abbiamo usato i badili per tutto il giorno e quello che sta vicino a me è il mio “schiavetto”, quello che mi fa il letto!”

"Ci sono due casi di meningite in un altra compagnia, tutti in quarantena! A mensa compagnie separate, per non infettarsi, giornate intere oziando rinchiusi in camerata, una noia tremenda, senza sapere naturalmente quando sarebbe finita. Un  nostro commilitone, molto religioso, ci invitò a pregare per salvaguardarci dall’epidemia,  fu ascoltato da qualcuno, da qualcun altro  ignorato nell’indifferenza  e qualcun altro ancora reagì inveendo    con linguaggio blasfemo.”

“Prima libera uscita, emozionati, impacciati come “spine” nelle nostre divise prendemmo d’assalto le meravigliose e allettanti trattorie di Spoleto, facendo scorpacciate di pastasciutte, carbonare, pizze e qualcuno anche esagerando nel bere, con la evidente difficoltà poi, di ritrovare la strada della caserma.”

“La nostra compagnia per oltre la metà era formata da ragazzi che provenivano dal Veneto, simpatici, molto uniti e compatti  tra di loro, erano così numerosi che dopo un po’ “vai in mona…” o "....torna endrio..."   era diventato il ritornello comunissimo che circolava tra  tutti noi non veneti.”

"Prima guardia notturna  a Baiano, in coppia a turni di un ora ogni due ore, un giro intorno ad un  parco pieno di ombre tenebrose in un silenzio allucinante rotto dai fruscii degli alberi mossi dal vento, io e l'altro allievo Panozzo la prima mezz'ora non  spiccichiamo  parola, bloccati dalla paura e grande groppo alla gola, paura vinta con un inizio balbettante di dialogo, continuato senza problemi dopo la marcatura dell'orologio a meta percorso."

"L'imboscatura, era un classico obbiettivo di molti, a parte la dormita in aula  alle lezioni, una era imboscarsi al campo sportivo dietro la fila dei cipressi a prendere il sole specialmente a primavera. Con noi si univano anche i cucinieri che ad una certa ora dovevano tornare in fretta in cucina a preparare l'insalata, rinfilandosi i calzini lerci, che, dal gran sudicio erano steccati....quel'insalata non l'abbiamo poi mai mangiata..

"Molina Giulio dice di ricordare  un allievo  che era fisico nucleare, non mangiava mai in mensa, un po' ribelle  e che per punizione è stato mandato in Sardegna. Chi sà chi era costui?? Da testimonianza di Moroni Marino dovrebbe trattarsi di Orioli P. che era solito riscaldarsi le vivande in camerata con un fornellino e che più che ribelle, non era affatto contento di fare il servizio militaree per questo abbastanza contrariato."

"Le notizie da fuori arrivavano frammentarie e di riflesso,  la guerra in Vietman proseguiva  inesorabilmente con il conto di morti e feriti inevitabili come in tutte le guerre e questa in particolar modo  rivelatosi poi come tra le più sanguinarie. Si avvicinava la primavera e giungevano notizie di scontri tra polizia e studenti, si parlava di giovani che volevano cambiare il "sistema" , gli eventi precipitavano giorno dopo giorno, Il Maggio francese imperversava, come in tutto il mondo e naturalmente anche in Italia, con quotidiane lotte nelle piazze e nelle strade di ogni città."

"A Maggio ci furono le elezioni politiche, gli allievi della Scuola di Spoleto furono destinati a presidiare i seggi elettorali a Roma, stando fuori quattro giorni a seimila lire il giorno, che allora erano dei bei soldini, però non tutti,  qualcuno doveva pur essere sacrificato a rimanere ad espletare le normali  funzioni quotidiane della caserma e le rispettive guardie a Baiano all'onorevole cifra di 160 lire a notte. Nel grande sconcerto dei pochi "eletti"  a rimanere a Spoleto ci sono anch'io che avevo già fatto la bocca a quelle preziosissime 24 mila lire, accontentandoci, si fa per dire, senza risparmiarsi in "moccoli" coloriti,  alle misere 640 lire."


18° CORSO A.C.S. "BLIGNY" 1968 - SPOLETO
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